AL CINEMA: La legge del desiderio

LA LEGGE DEL DESIDERIO di Pedro Almodóvar. Con Eusebio Poncela, Carmen Maura, Manuela Velasco, Antonio Banderas. Spagna, 1987. Drammatico.

Sesto film di Almodóvar, La legge del desiderio ha vinto dodici premi internazionali, tra cui quattro Círculo Precolombino d’Oro, e ha ricevuto altre cinque nomination. Pablo Quintero è un famoso regista madrileno, impegnato in una relazione col più giovane Juan. Quando quest’ultimo si trasferisce sul mare, Pablo tenta di dimenticarlo nella relazione con un suo fan, Antonio Benítez. Questi però si rivela possessivo, e soprattutto morbosamente geloso di Juan.

Se Matador ha rappresentato la svolta stilistica per Pedro Almodóvar, permettendogli di affrontare temi più maturi con uno stile più serio e impegnato, è stato La legge del desiderio a fornirgli conferma del suo nuovo modo di fare cinema, ottenendo un successo nazionale e internazionale fino ad allora inedito.

Il tema portante nel film è, fin dal titolo, il desiderio, inteso come la passione romantica travolgente, (auto)distruttiva, potentissima e trasfigurante, una forza della natura che il regista spagnolo analizza all’interno di un bizzarro triangolo amoroso.

Erano gli anni Ottanta, e già incentrare il film su una storia d’amore gay sarebbe stato considerato scandaloso da buona parte del pubblico, tanto più con le modalità di Almodóvar: piuttosto che indulgere sul modo in cui la sessualità era (e spesso ancora è) rappresentata al cinema, una sorta di romantico amore platonico disincarnato e zuccheroso che assecondi le fantasie innocue del pubblico etero, Almodóvar presenta una relazione potentemente passionale, radicata in una sessualità vissuta e rappresentata senza tanti fronzoli né eufemismi, calata nel quotidiano di un libertino particolarmente promiscuo.

Oltre che l’aspetto della provocazione, che certo non manca in una filmografia che si è sempre considerata fieramente anti-moralista in un contesto post-franchista, Almodóvar sceglie di incentrare il proprio film nel mondo queer per rimarcare l’universalità delle passioni rappresentate, e la sostanziale equivalenza dei sentimenti coinvolti.

In questo senso appaiono molto misurate e posate, lontano dagli stereotipi di certo cinema di genere, le interpretazioni dei protagonisti: Eusebio Poncela, Carmen Maura, Antonio Banderas, Miguel Molina, non puntano a rappresentare persone gay, trans ecc, ma persone prima di tutto, con il loro bagaglio di esperienze, le loro caratterizzazioni specifiche, la loro storia, un elemento che dato il contesto – e dato come la comunità LGBT era ancora rappresentata in molto cinema, compreso quello italiano – non è permesso dare per scontato.

Se la costruzione dei personaggi e soprattutto dell’ambientazione che fa loro da cornice sfugge ogni retorica e colpisce per la brutale onestà, altrettanto non si può dire purtroppo della trama, che specie nella seconda parte si inalbera tra rivelazioni shock ed espedienti narrativi che rischiano di risultare ridicoli tanto sono improbabili e concentrati.

Tra provvidenziali perdite di memoria, gelosia assassina, amori incestuosi, colpi di scena di vere identità improbabili, il film assume via via che si avvia alla conclusione i contorni di una brutta telenovela, concentrando però due annate di trovate narrative televisive in poco più di un’ora e mezza di film, finendo per sfiancare anche il pubblico meglio disposto.

Con La legge del desiderio, Almodóvar conferma e affina la formula che l’avrebbe portato a toccare vette di altissimo cinema, ma ancora l’approccio è eccessivo, privo di misura, esagerato, grossolano, e il risultato è a tratti sconcertante. I semi ci sono tutti, ma non è ancora tempo di fioritura.

TITOLO ORIGINALE: La ley del deseo

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